Vicenza, l’arte orafa tra celebrazione del presente e attenzione al futuro

Alta specializzazione artigianale e internazionalizzazione al centro della strategia orafa vicentina

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È la terza città dell’export italiano dopo Milano e Torino (coprendo circa il 4% dell’export italiano), ma a guardarne i risultati Vicenza sembra il perfetto archetipo del sistema esportativo italiano. I dati Exportpedia evidenziano infatti come la città veneta sia la terza provincia per esportazioni nei campi delle macchine non utensili (circa 1 miliardo il valore dell’export globale 2016) e tra le prime nella chimica di base (492.2 milioni), nei prodotti farmaceutici di base (138.8 milioni) e nella gioielleria (1.3 miliardi). Un’eccellenza, quella orafo-argentiera, conosciuta ai quattro angoli del mondo: dagli Stati Uniti al Bangladesh, dalla Francia al Regno Unito fino alla Giordania. Un “Made in Vicenza” che copre tanto settori strategici per la produzione – come nell’export con Dacca e Parigi – quanto nei mercati del lusso, dove la produzione cittadina di gioielli è tra le prime richieste negli Stati Uniti (224.4 milioni di euro, 24.4 milioni in più del 2015) e in Giordania (81.6 milioni di euro, 13.3 milioni di euro in più rispetto al 2015).

Eccellenza, tuttavia, che i risultati degli ultimi anni sembrano mettere in discussione. In particolare, il 2016 è stato un anno difficile, con molti mercati in flessione, suggerendo che il primato di Vicenza non è privo di rischi.

Esportazioni di Vicenza – IV trim. 2016: tasso di variazione tendenziale

Tasso di variazione esportazioni di Vicenza

Il primato di Vicenza nell'arte orafa, evidenzia l’Osservatorio Nazionale Distretti, è il risultato di un distretto che investe gran parte del territorio cittadino e basato soprattutto su aziende di piccole dimensioni ma dall’artigianalità altamente specializzata. La produzione di questo comparto è in realtà un vero e proprio universo, nel quale la parcellizzazione dei produttori – con poche grandi realtà industriali – permette lo sviluppo di settori non direttamente legati all’attività orafa, come la meccanica strumentale, i sistemi di sicurezza o il settore dei trasporti specializzati, che rivelano la loro importanza anche nelle esportazioni, soprattutto verso Medio Oriente, Stati Uniti e Giappone.

Allo stesso modo di Perugia con il cachemire e Prato con i tessuti, anche l’oreficeria vicentina ha definito nel Museo del Gioiello la dimostrazione più evidente della propria eccellenza. I 410 metri quadrati della Basilica Palladiana che ospitano questo spazio museale – voluto da Italian Exhibition Group Spa e Comune – offrono, come si legge sul sito, «un’originale esperienza estetica e conoscitiva sul gioiello, valorizzando un oggetto antichissimo e profondamente radicato nella cultura umana». Non è un caso, quindi, che a curare il museo sia stata chiamata Alba Cappellieri, docente di Design del gioiello al Politecnico di Milano e principale studiosa dell’argomento in Italia.

Se il Museo rappresenta la celebrazione di ciò che è stato, il distretto orafo vicentino pone attenzione anche a ciò che potrebbe essere. Da qui nasce, per volontà della sezione provinciale di Confindustria e Farexport, il progetto “Mind the gap”, nato per coadiuvare l’internazionalizzazione delle imprese cittadine del settore. Un progetto che si rivolge soprattutto a quelle aziende che, pur operando già in contesti internazionali, non lo fanno al massimo delle proprie possibilità e capacità. Da qui la creazione di un punto di ascolto a cui è possibile rivolgersi per ottenere sia informazioni sul mercato specifico e sugli aspetti tecnici – come le assicurazioni sui crediti – sia informazioni più generali, come la situazione politico-sociale del Paese nel quale si decide di investire. Un recente studio di Anomalous Array, specializzata nell’analisi dei trend socio-culturali, evidenzia le potenzialità di un distretto in cui «il 63% delle aziende dichiara di avere le competenze necessarie all’export, ma un 15% è consapevole di non essere preparato», con un 25-30% di aziende che dichiara di non avere risorse finanziarie o umane per poter fare il salto di qualità sui mercati esteri.

L’obiettivo strategico è chiaro: fare di Vicenza «il polo manifatturiero più internazionalizzato d’Italia». Guardando ai numeri, non sembra un obiettivo impossibile, anche se probabilmente sarà necessario rimodulare le strategie di approccio ai mercati esteri.