Decisioni di settembre: FED, IMF e Bank of Russia

Tassi in salita negli USA e in Russia; nuovi fondi per l’Argentina.

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Il mese di settembre è stato segnato da diverse scelte di rilievo per il mondo dei cambi, nel campo della politica monetaria ma non solo. Andiamo ad approfondire le principali.

USA: nuovo rialzo dei tassi d’interesse

Nella giornata di ieri è diventato effettivo l’aumento dei tassi deciso questa settimana dalla FED, la banca centrale americana. Come da attese, la Federal Reserve sta portando avanti il processo di normalizzazione della politica monetaria cominciato nel 2015.
Per la terza volta nel 2018, si è votato per un aumento dei tassi di 25 punti base: il target range per il federal funds rate si colloca ora a quota 2-2.25%.
Le proiezioni della FED per il prossimo futuro guardano ad un graduale aumento nei tassi, qualora saranno verificate le condizioni di una sostenuta espansione dell’attività economica, un mercato del lavoro in salute e un’inflazione vicina all’obiettivo del 2% nel medio termine.

È dunque finita l’era di una politica monetaria dichiaratamente accomodante, ma il presidente della FED Jerome Powell ha precisato che questo cambiamento non preclude il sostegno all’economia reale con lo strumento della politica monetaria.

Russia: banca centrale in prima linea contro gli effetti delle sanzioni

A metà settembre, a fronte di un sostenuto indebolimento del Rublo, anche la Bank of Russia ha operato un rialzo nei tassi, il primo dal 2015; nei giorni successivi la valuta ha recuperato il 3% del suo valore rispetto al dollaro.

Tasso di cambio Rublo russo verso il dollaro

Mentre negli USA la normalizzazione dei tassi si inserisce nel quadro di una sostenuta crescita economica, in Russia Elvira Nabiullina, governatrice della banca centrale del paese, ha optato per un aumento del key rate (dal 7.25 al 7.5%) per tutelare la dinamica dei prezzi e la stabilità finanziaria del paese.
Ad agosto, infatti, l’inflazione in Russia ha segnato un +3.1% rispetto allo stesso periodo del 2017, una crescita più marcata di quanto la banca centrale si aspettasse. Nabiullina ha parlato di “fattori esterni” che generano il rischio inflazione: si addita la situazione di instabilità che sta investendo gli emergenti dalla primavera di quest’anno e, in particolare, l’incertezza derivante dalle sanzioni USA sulla Russia.

Sono proprio le sanzioni, infatti, le principali responsabili del deprezzamento del Rublo di quest’anno: come si può notare nel grafico sopra riportato, la valuta russa ha registrato un primo crollo ad aprile per le sanzioni connesse alle “malign activities” della Russia nel mondo; il Rublo ha poi accusato un nuovo colpo in agosto a causa di ulteriori sanzioni statunitensi, questa volta legate all’avvelenamento della ex spia russa Skripal.

In seguito ad un’accelerazione del deprezzamento avvenuta a inizio settembre, la banca centrale ha ritenuto opportuno intervenire a sostegno del Rublo. Unitamente al citato aumento dei tassi, ulteriore risoluzione a supporto della valuta è l’interruzione degli acquisti di riserve di valuta estera fino alla fine dell’anno.

Argentina: la crisi non demorde, nuovi fondi dall’IMF

Anche l’Argentina è tornata a far parlare di sé in questi giorni. Per combattere la crisi economica da cui è afflitto, il paese ha negoziato con il Fondo Monetario Internazionale una prima revisione dello Stand-By Arrangement, l’accordo concluso questa estate per un prestito di 50 miliardi di dollari in 3 anni.
In cambio di un piano di politica economica più rigido, volto a riguadagnare la fiducia dei mercati e stabilizzare l’economia, l’Argentina ha ottenuto un aumento nei fondi disponibili: con 19 miliardi di dollari in più fino alla fine del 2019, il totale delle risorse messe a disposizione dal programma sale sopra i 57 miliardi.
Sarà però necessario attendere la fase di implementazione di questi nuovi piani di politica economica per capire se, questa volta, l’IMF riuscirà a redimersi agli occhi degli argentini.