Focus emergenti: il caso dell'Egitto

Il cammino di riforme recentemente inaugurato sta portando stabilità valutaria e crescita economica

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In seguito al recente rialzo dei tassi d’interesse da parte della banca centrale americana, in questi giorni si sta parlando molto dei potenziali conseguenti rischi per i paesi emergenti in termini di fuga di capitali, rischi che si riflettono anche a livello valutario. Nelle ultime settimane si è assistito infatti al deprezzamento di Real brasiliano, Lira turca e Peso argentino, dinamiche che certamente segnalano difficoltà interne, ma potrebbero anche incorporare aspettative connesse ai movimenti globali di capitali.

Rimanendo nel basket degli emergenti, una valuta che al contrario non sta dando segni di cedimento è la Lira egiziana: la valuta del paese nordafricano risulta infatti notevolmente stabile negli ultimi 12 mesi e mostra una crescita del 3% del proprio valore effettivo da metà aprile ad oggi.

Tasso di cambio effettivo Lira egiziana

Un passo indietro

Per comprendere le cause dell’attuale stabilità della Lira è necessario fare un passo indietro, adottando una prospettiva di più ampio respiro.
Fino alla fine del 2016 la valuta egiziana poteva infatti dirsi sopravvalutata: il suo valore eccedeva quello attuale di circa il 40%. La Central Bank of Egypt (CBE) manteneva artificialmente alto il tasso di cambio, facendo ampio ricorso alla vendita di riserve valutarie.

Come si evince dal grafico, queste scelte di politica monetaria portano, tra il 2011 ed il 2012, ad un progressivo crollo nelle riserve internazionali egiziane: se da un lato queste vengono utilizzate per sostenere una valuta sopravvaluta, dall’altro l’instabilità politica legata alla Primavera Araba causa una netta diminuzione dei flussi di capitale estero, sia a livello di investimenti diretti che di turismo.

L'azione del FMI

La decisione di lasciar fluttuare liberamente il cambio (e quindi lasciar svalutare la Lira) si inserisce nel quadro di un accordo tra l’Egitto e il Fondo Monetario Internazionale, approvato nel novembre 2016, per un prestito di 12 miliardi di dollari in 3 anni. L’intervento del FMI si è avuto però in cambio dell’impegno a portare avanti un ingente pacchetto di riforme, volte a risanare un’economia segnata da mali cronici e scossa da anni di instabilità politica.

Il quadro macroeconomico

Le difficoltà dell’Egitto a livello macro, sulle quali le riforme volute dal FMI mirano ad agire, si diramano su più fronti:

  • Saldo delle partite correnti fortemente negativo (-6.5% del PIL nel 2017);
  • Rapporto deficit-PIL negativo (-2.8% nel 2017) dovuto, tra l’altro, ad un inefficiente sistema di sussidi ai prezzi dell’energia che il programma del FMI mira a smantellare;
  • Crescita sostenuta del rapporto debito-PIL negli ultimi 10 anni;
  • Inflazione elevata, che ha superato il 30% su base annua in alcuni mesi del 20171.

I punti di forza

Al tempo stesso, però, sono numerose le risorse dell’Egitto, prima fra tutte la popolazione, più che raddoppiata dal 1980 al 2017. Ad oggi il paese risulta il più popoloso del mondo arabo (95 milioni di abitanti), con un’ampia disponibilità di forza lavoro giovane nonché una vasta domanda interna, destinata a crescere con lo sviluppo economico della repubblica islamica.

Il programma di consolidamento fiscale patrocinato dal FMI sta inoltre portando i suoi primi frutti:

  • L’inflazione si sta riducendo: nei primi mesi del 2018 ha superato di poco il 10% (fonte: CBE);
  • La svalutazione della Lira ha consentito di accumulare nuove riserve internazionali e ha accresciuto la competitività del paese a livello di export;
  • Negli ultimi anni il PIL segnala una crescita costante dell’ordine di grandezza del 4%;
  • Dalla metà del 2016 l’indice di borsa egiziano EGX30 mostra una continua tendenza al rialzo, confermando la ripresa dell’economia reale.

Se proseguirà l’avviata strada delle riforme, l’Egitto potrebbe quindi diventare uno dei più interessanti mercati emergenti da monitorare.


Note:
1. Nonostante l’elevata inflazione non sia un evento inusuale in Egitto, le ragioni di questo particolare picco risiedono nell’effetto combinato di taglio ai sussidi all’energia, svalutazione della Lira e aumento dell’imposta sul valore aggiunto.