Il panico Coronavirus colpisce gli emergenti

Tremano anche le borse USA.

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Anche questa settimana il tema che ha dominato i mercati e influenzato la dinamica dei cambi è l’attuale epidemia di Coronavirus. In particolare, il sentiment degli investitori ha mostrato un deterioramento in seguito alla recente e significativa diffusione del virus nel Nord Italia, elemento che segnala la ormai consolidata presenza dell’epidemia al di fuori della Cina e dell’Asia.
In questa nuova fase dell’epidema si osservano due fenomeni sui mercati:

  • da un lato il panico che comincia ad essere generalizzato, arrivando a contagiare anche le borse statunitensi: la progressiva diffusione dell’epidemia al di fuori della Cina segnala infatti, secondo gli esperti, il quasi inevitabile approdo del virus su larga scala anche negli USA;
  • il deprezzamento delle valute emergenti, in un generale risk-off sentiment.
    Nella prima fase dello scoppio dell’epidemia, quando questa era ancora grosso modo limitata alla Cina, soprattutto le vicine valute asiatiche sono state penalizzate da una crescente avversione degli investitori per il rischio. Allo stato attuale, invece, anche gli asset di emergenti lontani dall’epicentro dell’epidemia, come America Latina e Sudafrica, stanno mostrando segnali di sofferenza, per un generale atteggiamento di sell-off da parte degli investitori, che spesso si somma a debolezze economiche preesistenti.

Il caso USA

Questa settimana il panico finanziario ha contagiato anche gli USA, anticipando l’effetto di un’eventuale epidemia, come si nota da borse e tassi di cambio. Nell’ultima settimana il dollaro ha infatti registrato un indebolimento dell’1.85% rispetto all’euro, invertendo il trend precedente.

tasso di cambio dollaro/euro

I meriti di questa inversione di rotta sono sostanzialmente nulli dal lato della moneta unica: le uniche (deboli) notizie positive per l’euro in questa settimana sono riconducibili al lieve aumento sia del Purchasing Manager Index tedesco (manifatturiero) che dell’ifo Business Climate index nel mese di febbraio. Il contributo maggiore all’indebolimento del biglietto verde arriva quindi dal panico Coronavirus che ha investito le borse USA, causando significative perdite: tra il 19 e il 27 febbraio, l’indice S&P 500 ha registrato crollo verticale (-12%), così come il Dow Jones (-12%) e il Nasdaq (-14%). Ha registrato una conseguente impennata il VIX (l’“indice della paura”, che misura della volatilità implicita dell'indice S&P 500), toccando i livelli massimi dal 2008.
In questo contesto, gli investitori sul mercato USA si sono spostati dalle azioni ai più sicuri bond, causandone un aumento del prezzo ed una riduzione nei rendimenti.

Gli emergenti

Questa settimana l’attuale situazione di panico finanziario e aumento della volatilità ha cominciato a far sentire i suoi effetti anche sui paesi emergenti non asiatici, che fino a poco fa sembravano essere rimasti relativamente isolati rispetto ai timori legati all'epidemia.
Le borse hanno registrato significative contrazioni: nel caso dell’America Latina, dove il primo caso di Coronavirus è stato annunciato questa settimana in Brasile, l’indice MSCI Emerging Markets ha registrato una contrazione superiore all’8%. Anche le valute sono state penalizzate da un generale risk-off sentiment, che si aggiunge a quadri economici nazionali non floridi. Ciò amplifica, quindi, il timore degli investitori per gli effetti che l’epidemia potrà avere su queste economie.

tasso di cambio peso/dollaro

Guardando ad esempio al caso del peso messicano, riportato nel grafico, si nota come il suo tasso di cambio verso il dollaro, in poco più di una settimana, abbia registrato un indebolimento superiore al 6%. Ciò risulta riconducibile non soltanto ai timori dei mercati di un’epidemia globale, ma anche al contesto di “debole recessione” che continua a pesare sull’economia del paese, e si prevede continuerà a gravare su di essa nei prossimi mesi.
Il tasso di variazione congiunturale del PIL a prezzi costanti fornisce infatti segnali di stagnazione dalla fine del 2018, con valori costantemente rimasti attorno allo 0 mentre, per il 2020, la banca centrale messicana ha recentemente rivisto al ribasso le sue stime.

Il real brasiliano, invece, ha mostrato negli ultimi giorni un’accelerazione di un trend di indebolimento già cominciato all’inizio dell’anno: ciò porta il deprezzamento complessivo verso il dollaro al 12% dall’inizio del 2020.

tasso di cambio real/dollaro

Anche in questo caso, quindi, l’effetto panico che ha segnato gli ultimi giorni si unisce ad un contesto di preesistente debolezza, dove una ripresa economica sostenuta stenta a partire e la valuta rimane sotto pressione per più cause concomitanti (dai bassi tassi d’interesse reali, poco attrattivi per gli investitori, al recente deflusso di capitali e ampliamento del deficit delle partite correnti).

Infine uno sguardo al Sudafrica che, a sua volta, ha accelerato negli ultimi giorni la dinamica di preesistente deprezzamento del rand. In questo caso il clima di risk aversion va solo a peggiorare una situazione già critica, che vede il paese sull’orlo del downgrade anche da parte di Moody’s, l’unica agenzia di rating che per il momento non ha ancora declassato il debito sovrano sudafricano al livello “junk”. La recente revisione al ribasso delle stime di crescita del paese per il 2020 da parte di Moody's, decisione che i mercati temono possa precedere il downgrade, ha esacerbato le tensioni sui mercati finanziari, inasprendo il deprezzamento del rand.