I timori legati al coronavirus penalizzano le valute asiatiche

Non solo lo yuan: effetto a catena per i paesi ASEAN più esposti al rischio contagio.

.

Cambio Asia Mercati emergenti Incertezza Rischio cambio Banche centrali Tassi di cambio

Accedi con il tuo account per utilizzare le funzioni stampa migliorata (pretty print) e includi articolo (embed).
Non sei ancora registrato? registrati!

In questi giorni, uno degli elementi di maggiore rilievo sui mercati finanziari sono i timori legati alla diffusione del nuovo coronavirus, l’epidemia partita nella città cinese di Wuhan, come abbiamo accennato la scorsa settimana in questo articolo. In prima linea nell’accusare i colpi di questa situazione di emergenza è la valuta cinese, che si è deprezzata rispetto al dollaro nella seconda metà di gennaio (-2.3%), ovvero da quando è scattato l’allarme legato alla diffusione dell’epidemia. Si nota una lieve ripresa (+0.4%) negli ultimi giorni.
Si precisa che lo yuan non è una valuta liberamente fluttuante, bensì legata ad un paniere, fattore che attutisce le sue fluttuazioni a fronte di uno shock; in un contesto di regime di cambio completamente libero, l’impatto dello shock avrebbe quindi potuto rivelarsi maggiore.

tasso di cambio yuan cinese verso il dollaro

Non solo lo yuan, ma anche le borse del paese stanno percependo gli effetti dell’attuale clima di allarme. Le principali borse cinesi, quella di Shanghai e quella di Shenzen, dopo la chiusura dal 24 gennaio per le festività del capodanno, hanno riaperto il 3 febbraio con notevoli perdite: lo Shanghai Stock Exchange Composite Index ha perso il 7.7%, mentre lo Shenzhen Stock Exchange Composite Index l’8.4% - perdite parzialmente riassorbite nei giorni successivi.

Dati i forti timori di un impatto dell’epidemia sull’economia, la Popular Bank of China è entrata in campo con lo strumento della politica monetaria. I recuperi registrati negli ultimi giorni sia dalle borse che dalla valuta sono sicuramente specchio anche di questa azione.
In particolare, l’operato della Popular Bank of China si è concretizzato in:

  • iniezioni di liquidità tramite operazioni di mercato aperto (reverse repo operations), portate avanti il 3 febbraio, per un ammontare di 1.2 trilioni di yuan (circa 156 miliardi di euro) e il giorno seguente, per un ammontare di 500 miliardi di yuan (circa 65 miliardi di euro);
  • taglio di 10 punti base del reverse repo rate a 7 giorni (al 2.4%) e di quello a 14 giorni (al 2.55%).

Scopo di queste azioni è quello di “mantenere una ragionevole ed adeguata liquidità nel sistema bancario ed un solido funzionamento del mercato valutario durante il periodo di prevenzione e controllo relativo all’epidemia”.
L’operato di politica monetaria, insieme ad una crescita più lenta nel numero di nuovi casi di coronavirus negli ultimi giorni, ha parzialmente placato la paura sui mercati, portando ad una lieve ripresa delle borse e della valuta cinesi, come descritto in precedenza. Numerosi osservatori sottolineano però come le azioni di politica monetaria non basteranno, di per sé, a risollevare l’economia, che potrà sicuramente subire i contraccolpi dell’epidemia a livello di PIL, vendite al dettaglio e produzione industriale.

Il resto dell’Asia

Come accennato la scorsa settimana in merito al baht thailandese, i timori dei mercati legati al coronavirus stanno esercitando un impatto anche su altre valute asiatiche e, conseguentemente, sulle decisioni delle rispettive banche centrali. Il 5 febbraio la Bank of Thailand ho operato un taglio dei tassi, portandoli all’1%, a fronte di un rallentamento della crescita economica e dei timori per la riduzione del turismo legati alla diffusione dell’epidemia, nonché come esplicita strategia volta ad indebolire una valuta troppo forte (si veda l'articolo per un approfondimento).

Per quanto riguarda il peso filippino, nonostante questo non abbia recentemente registrato un indebolimento, la banca centrale del paese ha a sua volta agito nella direzione di un accomodamento monetario, riducendo il tasso d’interesse di riferimento nel monetary policy meeting del 6 febbraio. Tra i motivi citati nel comunicato c’è anche la diffusione del coronavirus, che potrebbe avere un impatto negativo sull’attività economica del paese e sul market sentiment nei mesi a venire.

Anche il ringgit malese e il dollaro di Singapore hanno manifestato recenti indebolimenti, testimoniando la sensibilità delle valute dell’area ASEAN all’epidemia e all’avversione al rischio, nonché all’eventualità di un rallentamento della domanda cinese.