Investimenti diretti esteri: il punto al 2019

I dati UNCTAD mostrano un lieve recupero per gli FDI nel 2019, ma la crisi Covid potrebbe portare nel 2020 ad un crollo maggiore di quello registrato con la Crisi Finanziaria Globale

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Il recente aggiornamento della banca dati Investimenti diretti esteri di fonte UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), disponibile in ExportPlanning, permette di analizzare gli ultimi sviluppi nelle dinamiche degli FDI (Foreign direct investment) su scala mondiale, nonché di delineare lo scenario per le dinamiche di investimento in cui, all’inizio del 2020, si è andata ad inserire la crisi Covid.

Secondo la definizione UNCTAD, per investimenti diretti esteri si intendono quegli investimenti che implicano una relazione di lungo periodo e riflettono un interesse duraturo nonché un controllo da parte di un soggetto residente in un’economia (investitore) nei confronti di un’impresa residente in un’altra economia. L’investitore (o parent enterprise) esercita quindi un ampio grado di influenza sul management dell’impresa che riceve l’investimento.
Secondo un’analisi della BCE, l’importanza degli FDI per il paese ricevente spazia su diversi ambiti:

  • aumento dell’efficienza del sistema economico attraverso un aumento della competitività;
  • esternalità positive in termini di produttività, derivanti dall’integrazione delle imprese domestiche nei processi produttivi delle multinazionali investitrici;
  • acquisizione di nuove tecnologie e competenze, che portano ad un accrescimento della qualità del capitale fisico e umano.

L’afflusso di FDI nel paese può quindi rappresentare un contributo per lo sviluppo economico dello stesso, e l’analisi di tali dinamiche può risultare utile per individuare quali paesi stanno diventando particolarmente attrattivi, cogliendo le variazioni nella mappa delle opportunità.

Lo scenario 2019

Flussi in entrata

Secondo il più recente World Investment Report, nel 2019 emerge un modesto incremento dei flussi di investimenti diretti esteri in entrata a livello globale (+3%), dopo le cadute registrate nel 2017 (-22%) e nel 2018 (-13%). Tale incremento risulta principalmente dall’aumento dei flussi verso le economie sviluppate (+5%), mentre le economie in via di sviluppo hanno registrato, nel loro complesso, una marginale riduzione dei flussi in entrata. L'incremento nelle economie avanzate si è verificato nonostante una performance macroeconomica non troppo brillante e una situazione di incertezza latente continua, principalmente relativa alle tensioni commerciali e alla Brexit.
Tra i paesi emergenti, i maggiori incrementi in valore degli FDI in entrata si sono verificati per la Russia (+$18.5 miliardi), il Brasile (+$12.2 miliardi) e l’India (+$8.4 miliardi).

Guardando al ranking dei maggiori beneficiari, pur registrando una lieve caduta rispetto al 2018, gli Stati Uniti si confermano anche nel 2019 la principale destinazione dei flussi di FDI a livello globale ($246.2 miliardi). Continuano a crescere, invece, i flussi in entrata in Cina, secondo maggiore beneficiario, raggiungendo un massimo storico di $141.2 miliardi.

Flussi in uscita

A livello di flussi in uscita, il Giappone si conferma il maggiore investitore a livello mondiale, con una significativa crescita nel 2019 (+58%). Si riduce invece il ruolo della Cina come investitore: se nel 2018 i flussi di investimenti diretti esteri in uscita dal paese asiatico risultavano di poco inferiori a quelli giapponesi, nel 2019 la Cina scende in 4° posizione, per un ammontare totale di FDI in uscita di $117 miliardi, mai così basso dal 2013. Di poco superiore l’ammontare di flussi in uscita da Stati Uniti e Olanda, che per entrambi i paesi ha subito un rimbalzo rispetto al valore negativo registrato nel 2018.
Secondo il World Investment Report 2020, la riduzione del ruolo della Cina come investitore si lega alla crescenti restrizioni sugli FDI in uscita, le tensioni geopolitiche ed il contesto difficoltoso in termini di politiche commerciali e degli investimenti. Il rimbalzo registratosi per gli Stati Uniti è invece attribuibile allo scemare dell’effetto della riforma fiscale del presidente Trump, che aveva portato nel 2018 a ingenti rimpatri dei profitti esteri, contabilizzati come flussi di FDI in uscita negativi.

Flussi di investimenti diretti esteri in uscita da USA e Cina (1990-2019)

Crisi Covid e prospettive per il 2020

In linea con molte altre attività economiche che sono rimaste bloccate dalle politiche di lockdown, anche molti progetti di investimento sono stati congelati o posticipati in seguito all’avvento dell’emergenza sanitaria. La domanda a cui cerca di rispondere il report UNCTAD è l’impatto che quest’ultima potrà esercitare nel 2020 e negli anni a venire sugli investimenti diretti esteri.
Secondo le stime diffuse, per il 2020 l’istituto si attende una caduta fino al 40% nei flussi globali di FDI, che potrebbero tornare a crescere soltanto nel 2022. Ci si attende quindi un crollo ancor più drastico di quello registrato negli anni successivi alla Crisi Finanziaria del 2009, in uno scenario fortemente dominato dall’incertezza.