Congiuntura economica post-pandemica: prospettive del commercio internazionale

L'emergenza sanitaria potrebbe accelerare o ridimensionare processi già in atto, dipingendo nuovi scenari. Il caso dei beni differenziati

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La scoppio della pandemia e le relative misure di contenimento del virus hanno lasciato una ferita profonda sul commercio internazionale, mettendo in luce la vulnerabilità dell’attuale modello di globalizzazione. Già prima della pandemia, il commercio mondiale stava sperimentando un periodo di profonda incertezza causata dalla crisi del multilateralismo nelle relazioni economiche e dall’incremento delle politiche protezionistiche, animando il dibattito economico sul tema. La diffusione dei vaccini, che alimentano la speranza di lasciarci presto alle spalle questo anno nefasto, ci consentono di riflettere sui possibili scenari della ripresa post-pandemica e sulle prospettive del commercio internazionale nei prossimi anni. Prima di entrare nel merito del dibattito, è essenziale esporre i tre modelli che costituiscono le pietre angolari delle teorie sul commercio estero e che spiegano perché i paesi traggono beneficio dallo scambio internazionale di merci e servizi.

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Il modello di Ricardo dei costi comparati

Secondo gli economisti classici lo scambio è conveniente tra paesi che hanno una diversa dotazione tecnologica, che determinano differenze nella produttività relativa del lavoro. I guadagni dallo scambio internazionale derivano quindi dalla possibilità, per ciascun Paese, di specializzarsi nella produzione di quei beni che utilizzano le risorse disponibili nel modo più efficiente.

Il modello della proporzione dei fattori di Heckscher-Ohlin

La teoria di Heckscher-Ohlin ha il merito di superare la teoria classica, andando a individuare le determinanti all’origine delle differenze nella produttività relativa del lavoro tra i diversi paesi, introducendo il concetto di differenti dotazioni di risorse dei paesi partecipanti al commercio internazionale. Ciascun paese avrà interesse a specializzarsi nella produzione dei beni che richiedono un uso relativamente maggiore del fattore produttivo di cui il paese ha una dotazione relativamente più abbondante. Paesi più ricchi, dove il fattore capitale è relativamente più abbondante del fattore lavoro, si specializzeranno nella produzione dei beni che richiedono un uso più intensivo del fattore capitale, al contrario i paesi in via di sviluppo si specializzeranno nella produzione di beni che richiedono un uso intensivo del fattore lavoro.


Questi primi due modelli si prestano bene a spiegare i benefici derivanti dallo scambio internazionale in termini ottimizzazione delle risorse, inoltre, le dinamiche di commercio internazionale le hanno validate empiricamente. Tuttavia, essi non considerano un’ulteriore ragione per cui è conveniente lo scambio di beni tra paesi: ovvero, la possibilità per i consumatori di avere una maggiore varietà di prodotti tra cui scegliere.

Il modello di differenziazione di Krugman

Tra le tre teorie citate è la più recente e permette di spiegare perché paesi identici per tecnologia e dotazioni di fattori produttivi possano trarre beneficio dall’apertura al commerciale estero. In questo contesto, il modello di Krugman non è affatto in contrapposizione con le teorie precedenti: al contrario, esso le completa, permettendo di spiegare perché paesi pressoché identici per fattori produttivi e risorse, come, ad esempio Stati Uniti e Germania, trovino conveniente scambiare merci e servizi.

Alla luce dei modelli che hanno guidato la teoria economica sull’argomento è utile osservare la dinamica della domanda mondiale di tre tipologie di aggregati: materie prime, catene globali del valore (o CGV), composte prevalentemente da beni intermedi, e prodotti differenziati, al fine di analizzare quali tipologie di prodotti nell’ultimo quarto di secolo hanno promosso il commercio internazionale. Secondo l’OECD, il 70% della domanda mondiale è rappresentato dalle catene di approvvigionamento e dalle CGV, mentre il restante 30% dai prodotti finali.


Grazie ai dati sul commercio estero del sistema informativo ExportPlanning, è stato possibile costruire gli aggregati d’interesse utilizzando i codici a 6 digit. In particolare, il cluster formato dai prodotti differenziati è stato elaborato selezionando i beni finali quality venduti dai paesi ad alto costo del lavoro. Per avere un quadro congiunturale della dinamica del commercio internazionale nel corso dell’ultimo quarto di secolo è utile analizzare l’andamento della domanda mondiale, riportando a 100 il valore delle esportazioni nell’anno 2010.

Dinamica della domanda mondiale di prodotti differenziati, materie prime e catene globali del valore
Anno base= 2010, (1995-2019)

Fonte: elaborazioni ExportPlanning.

Materie prime e catene globali del valore

In termini di performance relative, con l’entrata nel commercio internazionale della Cina si è assistito ad una crescita esponenziale della domanda mondiale delle catene di approvvigionamento e delle CGV, interrotta dalla recessione economica del 2008. A seguito di questo crollo si è assistito ad un progressivo recupero del commercio di questi prodotti caratterizzato da una dinamica di crescita più contenuta rispetto all’espansione pre-crisi e maggiormente soggetta a degli sbalzi. Dalle evidenze empiriche emerge infatti che l’aumento dell’incertezza su scala internazionale abbia avuto un forte impatto sugli aggregati conducendo ad un normalizzazione della loro domanda.

Prodotti differenziati

Al contrario, questo fenomeno di ridimensionamento non sembra aver coinvolto i beni differenziati, che hanno mostrato una maggiore resilienza durante la recessione del 2008, mantenendo un trend di crescita relativa continuativo fino al 2019. Malgrado dalla stima degli aggregati emerga che i prodotti differenziati corrispondano solo al 10% della domanda mondiale, il loro andamento risulta essere particolarmente interessante, dando l’impressione che il loro peso sul commercio internazionale diventerà sempre più rilevante.

Conclusioni

Dall’analisi condotta emerge chiaramente che dei cambiamenti nella dinamica del commercio internazionale erano già in atto prima dello scoppio della pandemia, coadiuvati da un complessivo clima d’incertezza nei rapporti internazionali. In questo contesto, l’emergenza sanitaria potrebbe quindi accelerare o ridimensionare questi processi già in atto, dipingendo nuovi scenari nel commercio internazionale.