Dispersione dei prezzi: naturale o sintomatica?

Analisi delle determinanti della dispersione dei prezzi praticati sul mercato

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La differenziazione del prodotto è una strategia che consente ad un’impresa di offrire un bene che sia, realmente o apparentemente, differente da quello delle imprese concorrenti. Se questa strategia è vincente, essa genera un vantaggio competitivo all’impresa che la opera.

Nella fase di inserimento nei mercati esteri è quindi di notevole rilevanza indagare sulla natura di un prodotto. In un mercato in cui sono disponibili beni differenziati, l’unicità del prodotto fa sì che, oltre all’insieme delle caratteristiche, anche il prezzo possa essere valutato in maniera differente e possa perciò configurarsi un premium price: l’acquirente è disposto a pagare un prezzo maggiorato in ragione del fatto che il bene meglio soddisfa le proprie esigenze (ossia, somiglia di più alla sua varietà ideale). La differenziazione risulta quindi strategicamente rilevante nell’approccio ai mercati esteri in quanto, attraverso questo differenziale di prezzo, l’impresa può raggiungere una situazione definita come above-average performance.
Contrariamente, i beni omogenei (o commodity) sono prodotti altamente standardizzati. Le alternative vengono percepite tutte come qualitativamente identiche, perciò nessun consumatore è disposto a pagare un prezzo più elevato. Secondo la legge del prezzo unico infatti, in condizioni di concorrenza beni identici devono avere lo stesso prezzo in qualsiasi mercato. Questo vale certamente per quelle commodity che costituiscono il sottostante di alcuni strumenti derivati, come i futures: il loro prezzo, quotato in borsa, è determinato dal mercato e coincide con quello di equilibrio. Si tratta, ad esempio, di materie prime energetiche, i metalli naturali o beni di consumo come zucchero o caffè. La dispersione dovrebbe, quindi, essere molto ridotta nel caso di questi beni.

Dati questi presupposti, viene spontaneo chiedersi in che modo sia possibile distinguere un prodotto differenziabile da una commodity. Nel mercato dei beni differenziati, ad esempio, è naturale che prodotti appartenenti alla stessa categoria possano essere venduti a prezzi molto diversi, presentando quindi dispersione dei prezzi. Se nello stesso periodo e sullo stesso mercato sono importati beni merceologicamente omogenei (appartenenti cioè ad un unico codice doganale), ma con prezzi diversi, allora questa può essere considerata una indicazione di differenziabilità del bene. Ad esempio se si confronta la dispersione dei prezzi all'importazione dei catodi di rame e delle lavastoviglie, i catodi risultano chiaramente non differenziabili: non ci sarà mai un acquirente disposto a pagare un euro in più del prezzo del Rame quotato al LME, mentre le lavastoviglie sono chiaramente differenziabili.

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning.

Come evidente dai grafici, la dispersione di prezzo (rappresentata dall'area rossa) è molto più elevata nel caso di beni differenziabili, quali le lavastoviglie. Inoltre, la dispersione ha riscontrato una crescita nel tempo, dovuta ad un aumento della varietà dei beni offerti.

Si potrebbe allora pensare di poter considerare la dispersione come unico indicatore di differenziabilità; questo potrebbe essere fuorviante, in quanto all’interno di un così complesso sistema di mercato si rilevano delle inefficienze, che alterano il funzionamento della legge del prezzo unico. Al verificarsi di alcune circostanze l'equilibrio viene quindi violato e la dispersione è sintomo di un fallimento di mercato; è allora necessario conoscere e provare ad identificare tali circostanze:

  1. Asimmetrie informative, ossia una situazione in cui le parti dispongono di informazioni differenti. Infatti, è possibile che diversi acquirenti abbiano informazioni diverse riguardo il prezzo di un bene e siano quindi portati a pagare prezzi diversi. Se i consumatori si concentrano su pochi offerenti, o siti web, acquiscono diversi livelli di informazione.

  2. Costi di ricerca, che possono essere molto significativi nel processo di ricerca del prezzo più basso. Il desiderio di un acquirente di conoscere tutti i prezzi praticati sul mercato prima di attuare la propria strategia di acquisto è utopico e richiederebbe un notevole dispendio di risorse e tempo.

  3. Concentrazione del mercato, all’aumentare della quale aumenta anche la dispersione tra i prezzi: l'aumento del numero di venditori e la maggiore concorrenza riducono la capacità dei venditori di monopolizzare il prezzo di mercato, facendo sì che i venditori offrano prezzi più simili al costo marginale. La dimensione della dispersione dei prezzi è quindi negativamente correlata al numero di venditori.

Oltre alla dispersione può quindi essere necessaria un’ulteriore analisi come, ad esempio, misurare l’intensità della correlazione tra i prezzi di fascia alta e quelli di fascia bassa per un dato prodotto: infatti, se anche un bene omogeneo presenta dispersione di prezzo, è possibile che le oscillazioni dei prezzi bassi e alti nel tempo abbiano lo stesso andamento. Il loro legame, misurato appunto dalla correlazione, dovrebbe quindi essere più forte rispetto al caso di un bene differenziabile, le cui differenze di prezzo sono legate alla natura qualitativa del bene piuttosto che ad un’inefficienza del mercato. Esaminando nuovamente i due grafici visti in precedenza, si evidenzia che mentre le oscillazioni delle diverse fasce di prezzo sono concordi nel caso della commodity, nel grafico a destra accade che in alcuni periodi all’aumento della fascia alta dei prezzi non corrisponde l'aumento dei prezzi di fascia bassa.

Conclusioni

Prima di sviluppare una strategia di differenziazione sui mercati esteri è fondamentale, quindi, verificare se questi ultimi sono in grado di apprezzare questa varietà, riconoscendo un premiun-price alla varietà di maggior qualità o a quella ideale. La dispersione dei prezzi è sicuramente il primo segnale di questo apprezzamento, ma esso deve essere confermato anche dall'assenza di una elevata correlazione tra i prezzi delle diverse fasce qualitative. Questa valutazione richiede una analisi accurata delle informazioni disponibili. Se, infatti, la valutazione di differenziabilità può sembrare scontata in molti prodotti destinati al consumo, non altrettanto scontata è nei beni intermedi e nella componentistica.


Lucrezia Fenudi, studentessa di Economia e Politica Economica presso l’Università di Bologna, sta portando avanti il suo percorso di ricerca per la redazione della tesi di laurea magistrale presso StudiaBo srl, unendo ai suoi studi l’analisi dei dati di commercio estero di fonte ExportPlanning.