Sanzioni contro la Russia: quali effetti, via esportazioni, sulla crescita economica del Cremlino

Una misura dell'efficacia della sanzioni basata sulla dinamica delle esportazioni russe

.

Controllo risultati Export Politica economica Congiuntura Internazionale

Accedi con il tuo account per utilizzare le funzioni stampa migliorata (pretty print) e includi articolo (embed).
Non sei ancora registrato? registrati!

A seguito dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, la comunità internazionale ha deciso diversi interventi sanzionatori contro il Cremlino, con l’obiettivo di isolare politicamente ed economicamente il Paese. Su questo fronte l’Unione Europea è da sempre stata in prima linea, condannando fin da subito il comportamento sovietico e promulgando undici pacchetti di sanzioni, con un dodicesimo attualmente in discussione.
Insieme all’Unione Europea, tutti gli alleati hanno emanato sanzioni di varia natura, primi tra tutti gli Stati Uniti, a cui sono seguiti, tra i più importanti, Regno Unito, Svizzera, Canada, Australia, Giappone e Corea del Sud (per un approfondimento si veda la seguente timeline).
Complessivamente, si tratta dell’introduzione di misure restrittive di tipo commerciale, finanziario, logistico, tecnologico, personale e politico, volte a colpire l'economia russa, il suo sistema finanziario e la sua classe dirigente.
Nonostante la volontaria azione coordinata da parte delle principali economie alleate, l’imposizione delle tariffe ha suscitato un intenso dibattito: possono tali sanzioni ritenersi efficaci e stanno davvero mettendo in difficoltà l’economia russa? O a pagarne il prezzo sono soprattutto i cittadini delle economie che le hanno imposte?

La risposta a tale domanda va ben oltre lo scopo di questo articolo, dal momento che questo interrogativo non può avere una risposta semplice, né univoca, tenendo anche in considerazione che gli effetti di tali interventi potrebbero estendersi al medio-lungo periodo.
In questo contributo ci focalizzeremo soprattutto sulle evidenze di commercio estero russo, e, in particolare, sulla dinamica e composizione delle esportazioni di Mosca nel corso degli ultimi mesi. Su questo fronte, il fine che si sono poste le sanzioni è duplice:

  1. ridurre le entrate valutarie della Russia, limitando la capacità di acquisto di beni e servizi da terzi e indebolendo la sua valuta;
  2. colpire gli stimoli alla crescita dell'economia russa.

La misura più utile per valutare l'efficacia delle sanzioni al raggiungimento soprattutto del secondo obiettivo sono le esportazioni a prezzi costanti (al netto cioè della variazione dei prezzi), che rappresentano il possibile stimolo alla crescita dell'economia derivante dalle esportazioni. A questo punto diventa dunque importate poter misurare la dinamica più recenti delle esportazioni russe.

Come misurare le esportazioni russe?

Dal lato delle statistiche di commercio internazionale, uno specchio della sempre più profonda spaccatura creatasi tra Russia e il “blocco occidentale” è la mancata dichiarazione delle informazioni di commercio estero russe ai principali circuiti e uffici internazionali preposti, il più importante dei quali è l’ONU, che mette a disposizione le statistiche raccolte attraverso l'UN Comtrade DataBase. Le dichiarazioni russe risultano non disponibili anche presso International Trade Center (ITC) e perfino sul proprio istituto di statistica nazionale. All'indomani dell'invasione dell'Ucraina, la Russia ha infatti smesso di divulgare le sue statistiche di commercio estero.
L'informazione sulle esportazioni della Russia possono tuttavia essere ricavate osservando il c.d. mirror flow, dato dalle dichiarazioni di importazione dei paesi che sono stati i destinatari delle esportazioni russe. I dati di commercio estero hanno infatti la particolarità della doppia dichiarazione, effettuata in modo indipendente l’una dall’altra. Ciò significa che lo stesso flusso viene dichiarato due volte: la prima volta alla dogana del paese esportatore (come flusso in export), la seconda alla dogana del paese importatore (come flusso in import).
Questa tecnica del mirror flow, messa a punto da ExportPlanning per valutare la coerenza tra le dichiarazioni di due paesi partner, in questo caso diventa utile al fine di stimare il valore del flusso di export russo.

Nei grafici che seguono le esportazioni russe sono misurate come importazioni dei paesi partner dalla Russia (in blu), mentre le importazioni del Cremlino vengono riportate come esportazioni dichiarate dai paesi partner verso la Russia (in giallo), al fine di dare una lettura completa dell’interscambio commerciale tra Mosca e il resto del mondo.

Il ridimensionamento degli scambi con i paesi sanzionatori

Il primo elemento che emerge con forza dall’analisi proposta è il drastico ridimensionamento degli scambi commerciali tra il “blocco” dei paesi sanzionatori e la Russia.
Tale risultato interessa sia i flussi con gli Stati membri dell’UE, sia quelli con gli altri paesi alleati. Si pensi che nei primi tre trimestri 2023 le esportazioni russe verso la UE risultano di circa l’80% più basse in quantità rispetto allo medesimo periodo 2021, testimoniando il progressivo affrancamento della UE dall'energia russa; allo stesso tempo le importazioni russe dalla UE si sono ridotte di oltre il 60% in quantità. Flessioni di entità comparabile hanno inoltre interessato le altre economie sanzionatorie.


...
...

Si rafforzano le relazioni con altri partner commerciali: i nuovi mercati di destinazione russi

Al drastico ridimensionamento degli scambi appena illustrato, ha fatto tuttavia da contraltare la crescita dell’interscambio commerciale tra la Russia e i paesi non sanzionatori, in primis Cina e India. Come mostra il grafico che segue, infatti, con queste aree geografiche i rapporti commerciali si sono rafforzati nel corso degli ultimi mesi. È per esempio l’effetto delle esportazioni russe di gas, petrolio e grano dirottate dai precedenti importatori europei ai nuovi importatori (per un approfondimento si veda l’articolo Si consolida l’asse commerciale Russia-Cina-India).



Tale ricollocazione sembra essere stata tuttavia parziale: complessivamente infatti si registra una riduzione delle esportazioni russe dall'invasione dell'Ucraina, che rimangono su livelli del 30% inferiori al dato 2021.



Complessivamente quindi la Russia ha visto ridursi il suo grado di apertura al commercio mondiale, ma meno intensamente di quanto atteso. Tale risultato si riconduce al fatto che la Russia ha saputo, almeno in parte, compensare i minori scambi attraverso l’aumento dei legami sostituti. Gli scambi commerciali con paesi come Cina e India stanno infatti diluendo l’efficacia delle sanzioni degli alleati.

In questo processo di sostituzione dei mercati di destinazione, la Russia tuttavia sembra aver modificato la composizione settoriale delle proprie esportazioni, impoverendola. In particolare si sono ridotte molto le importazioni del Mondo dalla Russia di materie prime industriali. Se infatti l'economia Russia è riuscita a sostituire più facilmente i propri mercati per le materie prime naturali, che incorporano poco valore aggiunto, Mosca sembra incontrare maggiori difficoltà nel sostituire le materie prime industriali a maggior valore aggiunto (si veda il grafico a sinistra); vanno al contrario segnalati i progressivi segnali di recupero registrati nel corso del 2023 nelle esportazioni di beni intermedi.


...
...

Conclusioni

Analizzando lo stato delle relazioni commerciali del Cremlino, appare evidente come nel corso del 2022, la Russia ha cercato una alternativa alle proprie esportazioni, ridefinendo i propri mercati di blocco al fine di minimizzare gli effetti economici delle sanzioni. Tale processo di “disaccoppiamento” commerciale è stato più complesso da mettere in atto nell’immediato, cioè all’alba dell’invasione dell’Ucraina, ma sembra poter avere maggiore successo nel corso del 2023, al rafforzarsi dei nuovi legami commerciali con l’est del mondo che non ha imposto sanzioni. Se la tendenza dei primi tre trimestri 2023 si confermerà anche nei prossimi mesi, allora l'efficacia delle misure restrittive ai danni della Russia, almeno per quanto riguarda l'indebolimento della crescita economica via minori export, sarà un risultato limitato.
Non va tuttavia dimenticato, però, che la riflessione sull’efficacia delle sanzioni sulla crescita del Paese deve però muovere da una valutazione complessiva, che tiene conto anche di altri aspetti. Diversi commentatori hanno infatti evidenziato come l’entità delle perdite più significative può emergere nel medio-lungo periodo, soprattutto in relazione ai minori investimenti in entrata e al depauperamento tecnologico del Paese, che non può più importare tecnologia da nessuno dei paesi sanzionatori. In particolare, le industrie che dipendono dalle tecnologie straniere più avanzate e quelle con processi aziendali altamente digitalizzati rischiano di essere colpite più duramente di altre. Non a caso, le informazioni UNCTAD relative ai flussi di investimento in entrata in Russia nel corso del 2022 testimoniano un’ampia flessione, pari -18 miliardi di dollari.


L'elenco potrebbe inoltre proseguire con altri elementi importanti: la perdita dell'accesso ai mercati finanziari, la disconnessione della Russia dalle principali reti globali di ricerca, la massiccia fuga di cervelli delle élite russe. Gli effetti di questi fenomeni non sono immediatamente visibili, ma nel medio termine l'isolamento scientifico, economico e tecnologico di Mosca potrebbe rappresentare la perdita più gravosa, soprattutto in relazione alle prospettive future del Paese.