Protezionismo o accordi di libero scambio?

Alla crisi del multilateralismo del WTO, gli attori economici hanno risposto in maniera differente

.

Analisi Macro Incertezza Congiuntura Internazionale

Accedi con il tuo account per utilizzare le funzioni stampa migliorata (pretty print) e includi articolo (embed).
Non sei ancora registrato? registrati!

Come analizzato nel precedente articolo “Squilibri del saldo della bilancia commerciale e multilateralismo”, la crescente globalizzazione degli ultimi decenni è stata spesso individuata come causa della crescita degli squilibri di bilancia commerciale e delle diseguaglianze di reddito. Il WTO, organizzazione che presiede il multilateralismo basato sulla riduzione delle barriere tariffarie, ha fallito a più riprese nell’imporre ai paesi membri quelle azioni in grado di limitare gli squilibri., ricevendo critiche dai paesi il cui saldo commerciale è peggiorato maggiormente.
Alcuni degli Stati hanno quindi deciso di abbandonare il modello di multilateralismo promosso dal WTO, in favore di azioni protezionistiche (come nel caso degli Stati Uniti) o di accordi di libero scambio “approfonditi”, in grado di considerare molteplici fattori oltre alla riduzione delle tariffe.
L’analisi dei cambiamenti in atto è particolarmente importante per le imprese esportatrici. Infatti, i mercati che sono orientati verso un maggior protezionismo saranno di sempre più difficile accesso; viceversa, i mercati con cui l’UE ha raggiunto o sta sviluppando accordi di libero scambio saranno più accessibili.

Le azioni protezionistiche

Il grafico seguente mappa il numero di azioni protezionistiche attuate dai singoli paesi tra il 2009 e il 2019.

Numero di azioni protezionistiche attuate (2009-2019)


Fonte: Elaborazioni ExportPlanning su dati Global Trade Alert

Queste misure si presentano, ad esempio, sotto forma di restrizioni alle importazioni con misure tariffarie (dazi) e non tariffarie (necessità di licenze specifiche, limitazioni alle quantità); misure per favorire l’export locale (come i sussidi alle aziende esportatrici del proprio paese).
È possibile individuare diverse motivazioni per cui i paesi applicano azioni protezionistiche:

  • materie prime come principale bene esportato;
  • assenza di materie prime, nei paesi in via di sviluppo;
  • saldo commerciale fortemente negativo.

Un esempio del primo caso è la Russia, paese con giacimenti di materie prime (petrolio e gas) che rappresentano il principale bene esportato dal paese. Per mantenere il saldo commerciale positivo, la Russia ha pertanto puntato sui blocchi alle importazioni. Opposto al caso della Russia è quello dell’India, paese in via di sviluppo dalla forte industrializzazione (specialmente per i servizi) che dipende però dalle importazioni di materie prime.
Infine, con oltre 20.000 azioni protezionistiche, gli Stati Uniti sono l’esempio emblematico di azione protezionistica come risposta a un saldo commerciale fortemente negativo. Non potendo agire sul tasso di cambio, la strategia adottata dagli USA è stata l’imposizione di barriere doganali sulle importazioni, specialmente verso la Cina. Quest’ultima è stata accusata di non aver adempiuto agli obblighi presi al suo ingresso nel WTO, Organizzazione che a sua volta non ha agito in maniera veloce per la corretta applicazione delle proprie regole.
Obiettivo ultimo dell’attuale amministrazione statunitense è sfruttare il proprio peso commerciale forzando il partner al quale vengono imposti i dazi a siglare accordi di scambio in un’ottica bilaterale.
Il grafico che segue mostra i principali paesi colpiti da azioni protezionistiche tra il 2009 e il 2019.

Numero di azioni protezionistiche subite (2009-2019)


Fonte: Elaborazioni ExportPlanning su dati Global Trade Alert

Cina e Stati Uniti sono i principali colpiti da azioni protezionistiche, soprattutto a causa della guerra commerciale in atto tra Washington e Pechino iniziata due anni fa.

Gli accordi di libero scambio

In contrasto alle azioni protezionistiche, alcuni Paesi stanno attuando un multilateralismo “graduale” attraverso la stipula di accordi di libero scambio. Alla crisi del multilateralismo, l’Unione Europea ha risposto adottando questa soluzione, stringendo accordi di libero scambio (free trade agreement - FTA) con partner commerciali quali Giappone, Singapore, Canada e Mercosur.
Questi accordi di libero scambio, detti “approfonditi”, non presentano solamente l’abbattimento delle tariffe e di molte barriere non tariffarie, ma incorporano accordi in campi quali il tematiche ambientali, diritti civili, diritti dei lavoratori e rispetto della proprietà intellettuale. Stipulando accordi che incorporano tematiche di questo tipo, le parti mantengono i benefici del libero scambio, limitando gli effetti negativi. Così facendo, inoltre, si bypassa la risoluzione delle dispute tramite il WTO, lasciando alle parti lo scioglimento di eventuali conflitti.

Conclusioni

La crisi del modello di multilateralismo ha provocato due effetti opposti: al protezionismo di cui gli USA si sono fatti portavoce - specialmente con l’amministrazione Trump -, gli Stati Europei hanno promosso una liberalizzazione degli scambi anche grazie all’armonizzazione delle condizioni di produzione. Spesso, infatti, parte del “vantaggio” di un paese a basso costo del lavoro risiede in minori tutele ambientali e dei lavoratori, fattori che incidono sui costi di produzione e svantaggiano la competitività delle merci prodotte nei paesi sviluppati.
L’amministrazione Trump è inoltre riuscita a bloccare la nomina dei membri della Corte d’Appello del WTO, privando così l’organismo del numero minimo di giudici che si occupano di risolvere le controversie internazionali. Di fatto, è stata bloccata l’opposizione che l’Organizzazione può esercitare, ad esempio, sull’imposizione di dazi da parte di uno Stato membro.
La riforma del WTO è una tematica che trova la condivisione della maggioranza degli stati membri. Tuttavia, se l'approccio alla globalizzazione perde il carattere di multilateralismo a favore di quello bilatere, i Paesi continueranno a dividersi tra protezionismo e accordi di libero scambio, aggravando le tensioni internazionali e il clima di incertezza globale.