Oltre il PIL: disuguaglianza e crescita economica

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Per decenni, il Prodotto Interno Lordo è stato il parametro di riferimento per misurare la crescita economica di un Paese. Un indicatore semplice, immediato, capace di restituire in un’unica cifra il valore monetario della produzione di beni e servizi. Ma è davvero sufficiente per capire se un’economia sta crescendo in modo sano, equilibrato e inclusivo?

Oltre al dato complessivo del PIL, infatti, si possono celare profonde diseguaglianze sociali, tensioni latenti e squilibri strutturali che minano la stabilità e la sostenibilità dello sviluppo. È quindi fondamentale capire come la ricchezza si distribuisce tra gli individui di un Paese.

PIL e disuguaglianza

Questa prospettiva più ampia prende forma attraverso un’analisi che affianca al PIL pro capite un secondo indicatore cruciale: il grado di disuguaglianza nella distribuzione del reddito. L’idea è semplice: due Paesi con lo stesso reddito medio possono offrire condizioni di vita molto diverse, a seconda di come quella ricchezza è distribuita tra la popolazione.
Non è una questione meramente etica. La teoria economica documenta come la concentrazione della ricchezza incide sulla coesione sociale, riduce i consumi interni, indebolisce la stabilità politica e scoraggia gli investimenti. In breve, una crescita diseguale tende ad essere una crescita fragile. Questa tesi è supportata, tra gli altri, da uno studio di S. Aiyar e C. Ebeke per il Fondo Monetario Internazionale (“Inequality of Opportunity, Inequality of Income and Economic Growth”, IMF Working Papers, 2019), secondo cui livelli elevati e persistenti di disuguaglianza rallentano la crescita economica, in particolare nei Paesi emergenti, mentre una maggiore equità distributiva può rafforzare lo sviluppo. Anche Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, sottolinea nel suo libro The Price of Inequality come l’ineguaglianza estrema non solo mina la giustizia sociale, ma rappresenti anche un ostacolo alla stabilità economica e al progresso collettivo.

L’indice di Gini: leggere la disuguaglianza

Per misurare il livello di diseguaglianza, uno strumento ormai consolidato è l’indice di Gini. Questo indicatore è un indice che si presta a misurare la distanza esistente tra la concentrazione effettiva del reddito di un Paese dall’ipotesi di perfetta distribuzione equa del reddito. Esso varia quindi tra 0 (perfetta uguaglianza) e 100 (massima disuguaglianza). Nei fatti, però, i valori osservabili nei Paesi del mondo si muovono in un intervallo tra 24 e 63. Ad esempio, la Banca Mondiale considera un paese altamente diseguale se il suo indice di Gini supera il valore di 40.

L’indice ha diversi pregi: è comparabile tra Paesi, indipendente dalla loro dimensione e coerente con i principi redistributivi. Tuttavia, non è perfetto. Può restituire risultati ambigui, è sensibile alla qualità dei dati disponibili e non sempre riesce a cogliere le dinamiche di lungo periodo. L'indice non fornisce infatti informazioni sulla distribuzione specifica del reddito tra i vari gruppi della popolazione, ma offre una visione d'insieme del livello di disuguaglianza e rappresenta, ad oggi, un buon compromesso tra semplicità e profondità analitica.

In aggiunta al reddito, il contesto istituzionale di un Paese rappresenta un altro fattore decisivo. La letteratura economica distingue tra istituzioni inclusive, che favoriscono la partecipazione diffusa e l’equità, e istituzioni estrattive, che concentrano potere e risorse nelle mani di pochi.
Le prime promuovono una crescita duratura, solida, capace di generare sviluppo per ampie fasce della popolazione. Le seconde, anche se talvolta associate a rapidi boom economici, tendono a creare diseguaglianze profonde e instabilità strutturali.
Comprendere anche il tipo di istituzione di un Paese è quindi essenziale per valutare la sostenibilità del suo sviluppo nel tempo.

La Matrice di Sviluppo: uno strumento per orientarsi

Per sintetizzare questi concetti e offrire un supporto concreto alle decisioni strategiche, ExportPlanning ha sviluppato una Matrice di Sviluppo. Si tratta di un modello che incrocia due variabili chiave — il reddito pro capite e l’indice di Gini — classificando i Paesi in quattro scenari distinti.

Per costruire la matrice, i Paesi sono stati classificati sulla base di soglie quantitative ben definite, che consentono una segmentazione chiara e replicabile:

  • Disuguaglianza del reddito (Indice di Gini):
    • Bassa disuguaglianza: tra il 20 e il 30
    • Alta disuguaglianza: tra il 31 e il 65
  • Reddito pro capite (fonte: World Bank – metodo Atlas):
    • Basso reddito: ≤ 14.005 USD
    • Alto reddito: > 14.005 USD

Questo sistema di classificazione consente di mappare visivamente le economie del mondo, evidenziando differenze profonde che il solo PIL non è in grado di restituire.

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning

Guardare oltre il PIL: un vantaggio competitivo

Applicando questa matrice a un’ampia gamma di Paesi, si ottiene una mappa visiva che consente di cogliere a colpo d’occhio le differenze strutturali tra le economie.

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning

Si tratta di uno strumento prezioso per le imprese che vogliono internazionalizzarsi, per gli investitori alla ricerca di mercati stabili, e per le istituzioni che intendono calibrare politiche di cooperazione e sviluppo.
Infatti, in un mondo dove la crescita è sempre più interconnessa — e spesso diseguale — non basta sapere quanto un Paese produce. Bisogna capire come quella ricchezza viene distribuita, e a chi.

Questa lettura consente di individuare rapidamente le diverse traiettorie di sviluppo. I Paesi del Nord Europa, come Norvegia, Danimarca e Belgio, emergono come esempi di “Equilibrio Virtuoso”, caratterizzati da un alto PIL pro capite e da una distribuzione della ricchezza relativamente equa: economie solide che offrono stabilità e inclusione. All’estremo opposto, Paesi come Brasile, Messico e Sudafrica ricadono nello “Sviluppo Intrappolato”, con livelli di reddito contenuti e forti disuguaglianze interne, segnalando contesti in cui la crescita economica non si traduce in benessere diffuso e che presentano maggiori criticità in termini di rischio e fragilità sociale.
L’Italia, invece, si colloca nella fascia della “Ricchezza Frammentata”, con un PIL pro capite relativamente alto ma segnali di disuguaglianza, mentre gli Stati Uniti, pur registrando uno dei redditi medi più elevati, mostrano un'elevata concentrazione della ricchezza, a conferma di un modello di crescita fortemente polarizzato.

In quest’ottica, la matrice di sviluppo (Gini-PIL) non solo offre una fotografia immediata delle strutture economiche nazionali, ma rappresenta anche uno strumento strategico per valutare la qualità dello sviluppo nei mercati internazionali.

Conclusione: verso un paradigma più completo

L’analisi economica ed istituzionale di un paese, quindi non può prescindere da un’analisi multidimensionale dello sviluppo. Il PIL è un indicatore fondamentale, ma da solo non basta. Affiancarlo a misure come la disuguaglianza del reddito e la qualità delle istituzioni significa ottenere una lettura più profonda, più realistica e più utile per orientare le scelte.