Oltre i dazi: il nuovo Framework Agreement USA-UE

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21 Agosto 2025 – Dopo un periodo di tensioni commerciali, schermaglie regolatorie e minacce di guerre tariffarie, Stati Uniti e Unione Europea scelgono la via della cooperazione. Con la firma del Framework Agreement, Washington e Bruxelles puntano a qualcosa di più ambizioso di un semplice trattato commerciale: una roadmap strategica per consolidare un blocco economico-industriale in grado di fissare standard globali. Non è solo questione di dazi. L’intesa delinea un percorso di lungo periodo che mira a rafforzare la competitività combinata delle due sponde dell’Atlantico, che insieme rappresentano quasi metà del PIL mondiale. Sullo sfondo, una competizione sempre più serrata con Pechino, Nuova Delhi e altri attori “non allineati”.


Un’Atlantico più stretto

Il primo impatto concreto dell’accordo si vede sul fronte commerciale, ma il meccanismo è meno lineare di quanto sembri. Dal 1° settembre 2025, Washington semplificherà le regole doganali per i settori a più alta intensità tecnologica — aeronautica, farmaceutica, chimica e risorse naturali — applicando esclusivamente i dazi Most Favored Nation (MFN) ed eliminando tutti gli oneri aggiuntivi.

Bruxelles, invece, azzererà i dazi su tutti i prodotti industriali statunitensi e aprirà corsie preferenziali per numerosi beni agricoli e ittici, tra cui frutta secca, latticini, carne di maiale e bisonte, olio di soia e persino astice trasformato.

Per le altre merci europee, gli Stati Uniti fissano un tetto massimo ai dazi sulle importazioni del 15%, fatta eccezione per una lista di prodotti esenti. non essendo ancora disponibile un documento definitivo, è ragionevole ipotizzare che l’elenco resti quello già pubblicato in occasione delle tariffe reciproche introdotte il 2 aprile, noto come “Annex II”.

Resta, però, un nodo giuridico. L’eliminazione dei dazi da parte dell’UE sembra destinata ai soli prodotti statunitensi; tuttavia, secondo le regole WTO, se Bruxelles azzera i dazi MFN verso gli USA, dovrebbe estendere lo stesso trattamento a tutti i membri, a meno che non si tratti di un accordo di libero scambio notificato all’OMC. Poiché il Framework Agreement non è un FTA completo, l’interpretazione più probabile è che l’UE sfrutterà un’eccezione compatibile con il WTO per mantenere l’agevolazione limitata agli Stati Uniti.

L’obiettivo dichiarato è ambizioso: rendere gli scambi più fluidi e rafforzare la competitività delle PMI su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Energia e tecnologia: l’asse strategico del XXI secolo

Se i beni materiali si muoveranno parzialmente liberamente, la portata dell’accordo si misura soprattutto su energia, semiconduttori e intelligenza artificiale.

L’Unione Europea si impegna ad acquistare gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti nucleari dagli Stati Uniti per un valore complessivo di 750 miliardi di dollari entro il 2028. La mossa punta a diversificare le forniture energetiche e ridurre la dipendenza da mercati considerati “non allineati”.

Sul fronte tecnologico, Bruxelles prevede acquisti per 40 miliardi di dollari in chip di intelligenza artificiale statunitensi, destinati a potenziare la capacità di calcolo dei data center europei.

Automotive, acciaio e alluminio: verso lo scioglimento delle tensioni

L’accordo tocca anche settori da tempo fonte di frizioni.
Gli Stati Uniti rinunceranno ai dazi previsti dalla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 sulle automobili europee con tariffa MFN pari o superiore al 15%. Per i veicoli con tariffa MFN inferiore a tale soglia, invece, Washington applicherà comunque un prelievo complessivo massimo del 15% (comprensivo dell’aliquota MFN e gli eventuali dazi aggiuntivi).

Per acciaio e alluminio, Washington e Bruxelles valutano soluzioni di contingentamento tariffario per evitare sovraccapacità globale e proteggere la resilienza delle catene di approvvigionamento. Tuttavia, i dazi al 50% rimangono in vigore, con possibilità di revisione futura senza scadenze fissate.

Un mercato digitale transatlantico

Il Framework Agreement non riguarda solo beni materiali: anche il commercio digitale è al centro dell’intesa.
La moratoria sui dazi per le trasmissioni elettroniche viene confermata, rafforzando l’impegno congiunto contro nuove barriere protezionistiche. Inoltre, Stati Uniti e Unione Europea intendono sviluppare un accordo di mutuo riconoscimento in materia di cybersecurity e lavorare a un progressivo allineamento degli standard tecnologici.

Sostenibilità: ridurre le barriere nascoste

La sostenibilità rappresenta un tema sensibile e potenzialmente divisivo. Il Framework Agreement cerca di conciliare obiettivi ambientali e fluidità degli scambi:

  • Sulle direttive CSDDD (due diligence in materia di sostenibilità aziendale) e CSRD (rendicontazione di sostenibilità), Bruxelles promette di semplificare gli obblighi per evitare che diventino barriere occulte agli scambi.
  • Per il CBAM — il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera — l’UE introduce maggior flessibilità per le PMI statunitensi.
  • Infine, Bruxelles riconosce che la produzione americana presenta un rischio trascurabile di deforestazione, riducendo i potenziali attriti regolatori.

Capitali, difesa e industria

L’intesa ha anche una forte dimensione finanziaria e industriale. Entro il 2028, le aziende europee investiranno 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti, concentrandosi su settori strategici come energia, AI, automotive e difesa.
Quest’ultima rappresenta un tassello chiave. Inoltre, l’UE incrementerà significativamente gli acquisti di equipaggiamenti militari statunitensi, rafforzando la cooperazione industriale e l’interoperabilità NATO.


Un accordo che lascia l’amaro in bocca. O forse no

Il Framework Agreement non è soltanto un accordo commerciale: è anche una dichiarazione geopolitica. A prima vista, l’intesa appare sbilanciata: Washington ottiene un accesso più ampio ai mercati europei, garanzie energetiche e ingenti investimenti industriali. Bruxelles, invece, porta a casa semplificazioni regolatorie, alcune concessioni sui dazi e, soprattutto, la possibilità di mantenere viva la partnership strategica con gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti restano il nostro principale partner commerciale e un alleato di antica data. Rafforzare il legame transatlantico può apparire, dunque, una scelta naturale. La vera partita si giocherà nel tempo: capire se questo accordo segnerà l’inizio di un blocco economico-industriale capace di competere con Pechino e Nuova Delhi, o se l’Europa finirà per adattarsi a regole scritte altrove.

Per ora, restano più promesse che certezze. Osservatori e imprese farebbero bene a seguire da vicino ogni sviluppo, mantenendo un approccio pragmatico e uno sguardo critico.