La fase uno dell’accordo Usa-Cina: l’approfondimento di ExportPlanning

Luci e ombre dell'accordo siglato dalle due superpotenze

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Lo scorso 15 gennaio Stati Uniti e Cina hanno siglato la Fase Uno di un accordo commerciale, facendo seguito a quanto annunciato nel corso di dicembre, quando i toni dello scontro tra le due superpotenze si erano già fatti più distesi. Dopo quasi due anni dall’inizio delle tensioni commerciali, l’accordo firmato tra Washington e Pechino ha evitato l’introduzione di dazi sui rimanenti 160 miliardi $ di importazioni cinesi, ha abbassato l’aliquota tariffaria dal 15% al 7.5% sui 112 miliardi $ di prodotti cinesi colpiti nel settembre 2019, e ha scongiurato ulteriori incrementi dell’aliquota tariffaria del 25% che attualmente colpisce 250 miliardi $.
L'intesa siglata è ancora preliminare e non prevede l’eliminazione delle tariffe in vigore; tuttavia sin dal momento del suo annuncio, l’accordo commerciale ha avuto il merito di dare respiro ai mercati finanziari, mitigando in modo significativo il clima di incertezza internazionale.

Timeline Guerra Commerciale

Il testo dell’intesa commerciale si articola in otto sezioni, riassumibili in quattro punti fondamentali.

Punti chiave accordo commerciale

Proprietà intellettuale e trasferimento di tecnologia

Le prime due sezioni riguardano i diritti di proprietà intellettuale e il trasferimento di tecnologia e costituiscono una delle parti più considerevoli dell’accordo commerciale. Le due tematiche costituiscono infatti il core dello scontro Usa-Cina: le azioni tariffarie intraprese dall’amministrazione Trump hanno trovato legittimazione giuridica propria nell’accusa di appropriazione indebita di tecnologia da parte delle aziende cinesi a danno dei diritti di proprietà intellettuale delle imprese americane. Inoltre, la lotta alla supremazia tecnologica è forse il terreno di scontro più significativo nelle tensioni tra i due Paesi. Sulla base di quanto siglato, la Cina si è assunta l’impegno di implementare e garantire una migliore tutela dei diritti di proprietà intellettuale, prevedendo una protezione più significativa del segreto industriale e delle informazioni commerciali confidenziali delle imprese, nonché di porre fine ai trasferimenti forzosi di tecnologia. Le disposizioni prevedono inoltre misure più stringenti in materia di proprietà intellettuale relativa ai prodotti farmaceutici, indicazioni geografiche, marchi e brevetti, commercio elettronico e merci pirata o contraffatte.
Viene sancito l’obbligo in capo a Pechino di provvedere entro 30 giorni dalla ratifica dell’accordo all’elaborazione di un action plan che stabilisca le misure legislative e i tempi di attuazione degli impegni presi nell’ambito della tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Le disposizioni non tracciano tuttavia un preciso piano di azione futura per l’implementazione degli impegni presi, ma sembrano costituire una linea guida per i prossimi accordi. Bisogna evidenziare, inoltre, come molti degli oneri siglati sembrano essere obiettivi verso i quali la Cina stava già muovendo i primi passi. Nel corso degli ultimi anni, il Paese del Dragone ha infatti apportato una serie di modifiche legali per rafforzare la protezione dei diritti di proprietà industriale e dal 1° gennaio 2020 una nuova legge sugli investimenti esteri vieta alle agenzie amministrative trasferimenti forzati di know-how tecnologico come costo di ingresso nel mercato cinese.

Servizi finanziari e politiche valutarie

Come anticipato nell’articolo USA-Cina: la faccia valutaria dell’accordo commerciale, un altro tema rilevante affrontato dall’accordo commerciale riguarda il sistema valutario e i servizi finanziari. Gli impegni presi sul fronte valutario non si discostano però da quanto già concordato in sede di G20, dove le parti si sono impegnate ad evitare svalutazioni competitive e manipolazioni del tasso di cambio, oltre che a rendere pubbliche una serie di informazioni macroeconomiche, come le riserve valutarie. Analogamente, il capitolo dei servizi finanziari riafferma in larga misura impegni di maggiore apertura dei mercati finanziari ed assicurativi cinesi.

Aumento delle importazioni globali di beni e servizi

Uno dei punti salienti dell’accordo commerciale è rappresentato dall’impegno preso dalla Cina di acquistare nell’orizzonte temporale 2020-21 almeno 200 miliardi $ aggiuntivi - rispetto ai valori 2017- di beni e servizi americani, tra manufatti, beni agricoli, commodity (gas oil e carbone) e servizi. La lista delle diverse categorie di prodotto è ampiamente disciplinata e riguarda nello specifico un aumento di $77,7 miliardi in due anni di prodotti del settore manufatturiero, $32 miliardi di prodotti agricoli, $52,4 miliardi di prodotti energetici e $37,9 miliardi di servizi.

È evidente come l’obiettivo della sezione è quello di imporre un regime di acquisto alle imprese cinesi al fine di riequilibrare il deficit commerciale esistente tra i due Paesi, tematica da sempre considerata prioritaria nell’agenda politica dell’amministrazione Trump. Si tratta però di una prescrizione particolarmente onerosa, la cui effettiva attuazione è da molti analisti messa in seria discussione.
In aggiunta all’aumento imposto nell’acquisto di prodotti agroalimentari americani, l’accordo ha previsto una sezione speciale dedicata alla riduzione delle barriere non tariffarie imposte dal mercato cinese ai beni agricoli made in Usa, fortemente penalizzati dalle ritorsioni cinesi nel corso della guerra commerciale.

Organo di risoluzione delle controversie

Come più volte sottolineato dallo stesso Trump, uno degli elementi di maggiore novità dell’accordo commerciale siglato è sicuramente l’istituzione di un meccanismo di applicazione degli impegni sottoscritti. In particolare, in caso di inadempienza agli obblighi presi nell’accordo, il meccanismo di applicazione permette all’amministrazione americana di punire Pechino con tariffe e misure aggiuntive entro 90 giorni, operando in una logica esclusivamente bilaterale.

Luci e ombre sull’accordo

Come suggerito dall’analisi delle sezioni dell’accordo commerciale, il testo firmato rappresenta ancora una forma preliminare di intesa: vengono sanciti diversi impegni tra le parti, senza tuttavia entrare nel merito dell’implementazione operativa di tali disposizioni. L’accordo lascia inoltre ancora aperte diverse tematiche non affrontate, primo tra tutti il caso Huawei e il tema dei sussidi di stato all'industria.
Ad ogni modo, nonostante le trattative siano ancora ad una “fase uno”, uno dei principali meriti dell’intesa è quello di aver mitigato l’incertezza internazionale. L’effetto indiretto più gravoso della guerra commerciale è stato infatti l’aumento considerevole dell’incertezza su scala internazionale, che ha rallentato in modo significativo le decisioni di investimento degli operatori economici. La notizia dell’accordo commerciale arriva non a caso in una fase in cui la stessa economia americana iniziava a dare segnali di rallentamento.
Con il ridursi degli effetti della politica fiscale espansiva, infatti, la produzione americana ha mostrato segni di debolezza e il governo Trump ha dovuto fare i conti con i timidi risultati della politica tariffaria sul saldo commerciale Usa. Pur a fronte di un leggero miglioramento del deficit commerciale Usa-Cina, il deficit della bilancia commerciale americana è infatti aumentato negli ultimi due anni. Le minori importazioni dalla Cina sono state controbilanciate da un aumento delle importazioni provenienti da Paesi con sistema di offerta simile, senza alcun beneficio per l’industria domestica. Inoltre, le esportazioni americane sono state fortemente penalizzate da una congiuntura internazionale al ribasso e dalla dinamica di apprezzamento del dollaro.

Saldo commerciale USA
Indice di Produzione USA
Fonte: ExportPlanning

In conclusione, la prossimità della tornata elettorale e i costi della guerra commerciale imposti all’economia americana sembrano aver giocato un ruolo decisivo nella realizzazione dell’accordo. L’aumento delle esportazioni pattuito dovrebbe infatti dare un impulso notevole ai settori produttivi in rallentamento, soprattutto quello agricolo. Tuttavia, pur in presenza dell’intesa commerciale, le tariffe continueranno a costituire il principale strumento tattico dell’amministrazione Trump in caso di inadempienza della controparte. Gli impegni molto onerosi assunti dalla Cina e la minaccia tariffaria gettano perciò preoccupazioni in merito alla tenuta a lungo termine dell’intesa siglata.
Elemento di particolare rilevanza è la logica esclusivamente bilaterale dell'accordo commerciale. Molti degli impegni sottoscritti dal partner cinese in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e in ambito dei mercati valutari e finanziari sono infatti disposizioni già ampiamente riaffermate presso organismi internazionali come il WTO, tuttavia l'intesa li rende vincolanti in un'ottica bilaterale. L'accordo commerciale è in qualche modo la prova di come l'amministrazione USA stia rivoluzionando l'approccio multilaterale al libero scambio, a differenza di quanto caldeggiato dall'Unione Europea (si veda l'articolo).