Euro, dollaro e politica monetaria: le nuove sfide dell’era post-Covid

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All’indomani della pausa estiva, prosegue la fase di debolezza del dollaro: anche il mese di agosto ha confermato, infatti, un ulteriore indebolimento. L’analisi del tasso di cambio effettivo suggerisce come la caduta sia stata sostanzialmente continua negli ultimi due mesi, per un indebolimento superiore al 3%; rispetto al momento di massimo apprezzamento, agli apici della crisi Covid, il dollaro ha perso invece più del 6% del suo valore.

Il recente annuncio della Federal Reserve del suo cambiamento nella linea di politica monetaria si aggiunge come nuovo fattore di debolezza per il dollaro. Il 27-28 agosto si è tenuto in modalità virtuale l’Economic Policy Symposiom di Jackson Hole (“Navigating the Decade Ahead: Implications for Monetary Policy”). Nel corso dell’evento, il chairman della Fed Powell ha annunciato il passaggio all’Average Inflation Targeting, una strategia di gestione dell’inflazione obiettivo più flessibile rispetto al precedente Inflation Targeting al 2%.
Il fatto che la Fed si predisponga a tollerare il superamento della soglia del 2% per l’inflazione, ha dato il messaggio che i tassi potranno rimanere bassi a lungo, elemento che non rappresenta un fattore di supporto per il dollaro, riducendone l’attrattività rispetto al recente passato.

L’euro sul tavolo della BCE

Dall’altro lato dell’oceano, la moneta unica affronta invece problemi opposti, sia per la natura bilaterale dei tassi di cambio (l’euro sconta, con l’apprezzamento, la debolezza del dollaro), in parte per fattori intrinsechi. Come abbiamo raccontato in articoli precedenti, l’euro sta vivendo una fase di significativo rafforzamento, soltanto parzialmente rallentato nel corso di agosto rispetto a quanto accaduto nel mese di luglio. Dopo alcuni balzi al rialzo, che hanno portato l’euro-dollaro su quota 1.20 all’inizio di questa settimana, il cambio è infatti tornato su quota 1.18, valore su cui si era aperto il mese di agosto.

Tasso di cambio euro dollaro

Se inizialmente il rafforzamento dell’euro poteva essere visto come un segnale di apprezzamento dei mercati per l’accordo raggiunto sul Recovery Fund e la gestione della pandemia, nonché le prospettive di recupero dell’economia del blocco, ad oggi la dinamica della valuta comincia ad essere percepita come un problema, anche dalla BCE. Nei giorni scorsi, secondo quanto riportato dal Financial Times, i policy-maker dell’istituto centrale europeo avrebbero espresso preoccupazione in merito ad un eccessivo apprezzamento della moneta unica, che potrebbe:

  • penalizzare le vendite estere di un blocco orientato all’export come l’Eurozona;
  • spingere ulteriormente verso la deflazione un’economia che tende a presentare, di per sé, una bassa inflazione - e che al momento sta affrontando una recessione economica;
  • mettere a repentaglio le possibilità di ripresa economica.

Secondo quanto dichiarato, la questione valutaria potrebbe quindi presto finire sul piatto delle scelte di politica monetaria.
La reazione dell’euro a queste dichiarazioni è stata quella di una mossa correttiva che, come accennato in precedenza, ha portato la valuta a scendere dal picco di 1.20 dollari per euro a 1.18 negli ultimi giorni. A questo punto, l’evento chiave atteso dagli investitori è la prossima riunione di politica monetaria della BCE, che avrà luogo il 10 settembre, e in cui con buona probabilità si toccherà il tema valutario. Le ipotesi di un ulteriore taglio dei tassi, già negativi al -0.5% (Deposit Facility), rimangono però per il momento soltanto sul piano speculativo.