Caos Brexit e debolezza dell’Eurozona

Gli avvenimenti della settimana nel Regno Unito non sembrano aver penalizzato la Sterlina.

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Il tema economico che ha dominato la settimana appena trascorsa è indubbiamente quello della Brexit. Lo scorso martedì, infatti, l’accordo negoziato con Bruxelles è stato bocciato dal Parlamento inglese. Ciò non ha però portato alla caduta dell’esecutivo in quanto, il giorno successivo, la mozione di sfiducia contro il governo May è stata respinta.
Il governo resta quindi in carica, con il difficile compito di presentare, questo lunedì, un piano alternativo per la Brexit che possa ottenere l’approvazione delle camere.

In modo apparentemente controintuitivo, la sterlina non ha registrato variazioni negative a fronte delle turbolenze sul fronte politico; al contrario nell’ultima settimana si è apprezzata dell’1.6%, dopo aver toccato nei primi giorni di gennaio i minimi degli ultimi 13 mesi.
Il grafico che segue si concentra sull’andamento del tasso di cambio effettivo della valuta britannica negli ultimi 6 mesi: è evidente la ripresa in atto nell’ultimo periodo.

Tasso di cambio effettivo sterlina

Come mai la sterlina non si è deprezzata, a fronte degli ultimi caotici sviluppi sul tema Brexit?
I fattori in campo sono molteplici:

  • Innanzitutto i mercati si aspettavano che l’accordo fosse respinto dal parlamento nazionale, e quindi con buona probabilità avevano già scontato questa sconfitta politica.
  • Altra questione è che, secondo gli analisti, nonostante gli alti e bassi di questi ultimi mesi si è ormai ridotta la possibilità di una no-deal Brexit.
    Al fronte di coloro che mettono in guardia contro i pericoli di una hard Brexit si è aggiunto, a fine novembre, anche un paper della Bank of England (BoE). Secondo la BoE, uscire dall’UE senza un accordo potrebbe portare ad una contrazione del PIL inglese dell’8% già nel primo trimestre 2019, nel worst-case scenario. Tale prospettiva fortemente negativa non è comunque condivisa unilateralmente dai commentatori internazionali: segnali di disaccordo sono stati dati ad esempio da Paul Krugman, che considera queste previsioni eccessivamente pessimistiche.
  • Ulteriore fattore che potrebbe spingere la sterlina al rafforzamento è il fatto che la valuta attualmente è sottovalutata, almeno secondo il Big Mac Index dell’Economist. Secondo tale indice, a gennaio 2019 la sterlina risulterebbe sottovalutata del 27% rispetto al biglietto verde.
  • Last but not least, all’apprezzamento della valuta britannica in termini effettivi concorre l’indebolimento che, nell’ultima settimana, sta registrando l’euro. L’Unione costituisce infatti il primo mercato di approvvigionamento e il primo mercato di sbocco del Regno Unito (fonte: SIUlisse1).

Continua la frenata dell’economia dell’Eurozona

Soffermandoci su quest’ultimo punto, ovvero l’indebolimento della moneta unica, questo sembra rispecchiare la generale debolezza che sta attraversando l’economia dell’area euro.
L’11 gennaio sono state rilasciate dall’Eurostat le stime aggiornate per la crescita del PIL dell’UE e dell’Eurozona nel III trimestre 2018. I dati sono stati deludenti e confermano la decelerazione in corso per l’area euro, come avevamo segnalato in questo articolo in merito al II trimestre.
Infatti, benché continui ad essere positiva (+1.6% su base tendenziale, +0.2% su base congiunturale), la crescita del PIL dell’Eurozona conferma il trend di rallentamento osservato dal IV trimestre 2017.
Guardando ai singoli paesi, la Germania ha registrato un +1.2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il dato più basso dal I trimestre 2015, mentre l’Italia si è fermata al +0.7%, il dato più basso dal III trimestre 2015.

USA-Cina: accordo alle porte?

Dall’altro lato dell’oceano, i dati economici del III trimestre risultano più incoraggianti, segnalando per gli Stati Uniti una crescita del 3% su base tendenziale.
Sul fronte valutario, dopo una fase di indebolimento dalla fine di dicembre (come segnalato in questo articolo), il dollaro sembra questa settimana in ripresa, grazie ai segnali di disgelo che giungono dal fronte USA-Cina. Secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, il segretario del Tesoro americano Mnuchin sta portando avanti l’idea di rimuovere parte delle tariffe applicate alla Cina, in modo da accelerare il dialogo in vista di un accordo. Va segnalato, tuttavia, che il capo negoziatore Lighthizer ha una posizione radicalmente diversa sull’opportunità di rimuovere fin da ora le azioni tariffarie già attuate.


1. I dati del Sistema Informativo Ulisse sono accessibili attraverso la piattaforma ExportPlanning, alla sezione Analisi Mercato>Analytics.