L’export territoriale ai tempi della Grande Recessione

Quali sono i territori che più velocemente hanno recuperato i propri livelli di esportazioni dopo la crisi del 2008? E quali sono ancora in difficoltà?

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L’economia italiana è stata una tra le più colpite dalla Grande Recessione, iniziata con il fallimento della Lehman Brothers il 15 settembre del 2008. In termini di livelli di attività, dieci anni dopo l’economia non ha ancora recuperato il livello pre-crisi. La principale causa è stata il crollo delle componenti di domanda interna: il livello degli investimenti in costruzioni nel 2018 è ancora inferiore del 30% rispetto a quello del 2008; quello degli investimenti in macchinari e attrezzature è inferiore del 5%. Solo il consumo delle famiglie ha recuperato i livelli del 2008.
In questa situazione di debolezza della domanda interna, il motore principale allo sviluppo dell’industria sono state le esportazioni. Nell’arco degli ultimi 10 anni, queste sono aumentate di oltre il 25%, sostenendo la crescita dei fatturati delle imprese. Non solo nel passato, le vendite sui mercati esteri saranno il principale motore di crescita anche in futuro. Tutti i principali uffici studi di analisi dell’economia italiana concordano, infatti, nel ritenere che anche nei prossimi anni le prospettive di crescita dell’economa italiana sono legate alle esportazioni di merci, per quanto riguarda l’industria, e al turismo, per quanto riguarda i servizi.

Il sostegno delle esportazioni alla crescita dei livelli di attività non è stato omogeneo a livello territoriale. In questi dieci anni, alcuni territori hanno saputo sfruttare i mercati esteri per uscire completamente dalla crisi; altri invece hanno ottenuto benefici sono marginali dalle esportazione; altri ancora, infine, non sono stati del tutto capaci di compensare le cadute della domanda interna con maggiori vendite all’estero.

Le regioni del sud si collocano agli estremi dei risultati ottenuti sui mercati esteri

Tra le regioni che hanno ottenuto i maggiori risultati, spicca la performance della Basilicata, che ha più che raddoppiato i risultati del 2008. Per questa regione ha beneficiato degli impianti produttivi della FCA. Infatti, uno dei più produttivi stabilimenti della multinazionale italiana è situato a Melfi (PZ), ove sono dal 2014 in produzione, tra altri componenti o modelli, la Fiat 500X e la Jeep Renegade. I due esemplari sono molto popolari all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, che costituisce, per l’appunto, il maggior mercato di esportazione per questa regione.
Se la Basilicata rappresenta quasi una “anomalia”, non meno importante è la crescita del Lazio: questa regione ha aumentato le proprie esportazioni all’estero del 4.5% in media ogni anno, posizionandosi al secondo posto come miglior crescita per l’export. Il settore più rappresentativi per l’export laziale è la farmaceutica, soprattutto con le province di Frosinone e Latina, dove sono collocati poli farmaceutici altamente specializzati.

Le regioni decisamente al di sotto della media sono collocate soprattutto nel mezzogiorno. Molise e Sardegna rappresentano, per l’appunto, le uniche due regioni che registrano ancora un ritardo rispetto al 2008. Per queste due regioni, la Grande Recessione ha fatto emergere le forti difficoltà che già le caratterizzavano, penalizzando ulteriormente le già deboli imprese che si erano affacciate suoi mercati esteri.

Molto dispersi i risultati per provincia

Tra le province italiane, sono ben sette quelle che hanno più che raddoppiato i livelli di esportazione del 2008. Asti ha registrato un +164.8% rispetto al 2008, grazie soprattutto alle esportazioni dei vini delle Langhe. Di Frosinone (+151.7%) e Potenza (+126.1%) si è già accennato.
Particolarmente significativa è stata la crescita delle esportazioni della provincia di Lodi (+115.4%). Le imprese lodigiane si dedicano maggiormente al settore della metalmeccanica, dividendosi per lo più tra il comparto dell’elettronica per telecomunicazioni e la produzione di computer e unità periferiche. Un ruolo importante ha avuto il consorzio Lodi Export, che ha saputo affiancare al supporto operativo alle imprese anche una crescita formativa e manageriale del territorio, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Un risultato altrettanto importante è anche quello di Piacenza, la quale rispetto al 2008 ha fatto segnare un +112%. In questo caso, i settori trainanti sono la metalmeccanica e l’abbigliamento. Certamente le esportazioni della provincia di Piacenza hanno beneficiato del crescente ruolo della provincia come un grande polo logistico italiano, a cui molte aziende italiane si affidano anche per i scambi con l’estero.
Sorprendente è il risultato della provincia di Catanzaro, le cui esportazioni sono aumentate del +145.6%, sostenute dalle vendite estere del settore Agroalimentare. A questo, si affianca anche la crescita del comparto della metalmeccanica, che è passato dai 17milioni di euro dichiarati nel 2008 ai circa 50 del 2018. Va tuttavia segnalato che questa positiva dinamica si inserisce su livelli molto bassi, impedendo alla provincia di superare la soglia 100 nell’ordinamento delle province italiane per valore delle esportazioni. Discorso similare vale per la provincia di Grosseto, che è cresciuta del 144%. Infatti, per quanto soprattutto le aziende agricole abbiano ottenuto dei risultati in termini assoluti eccellenti, la provincia è solo all’89° nella classifica dell’export provinciale.

Al lato opposto, i fanalini di coda, soprattutto province del mezzogiorno, registrano addirittura variazioni negative rispetto al 2008. Tra queste, L’Aquila, colpita dal terribile terremoto del 2009, Isernia (-80.9%), Sassari, Vibo Valentia, Caserta. Anche due province del Centro Italia ( Terni e Pistoia) registrano nel 2018 valori delle esportazioni ancora inferiori a quelli del 2008.
Altre province, infine, non hanno tassi di variazione negativi, ma ottengono risultati decisamente inferiori alla media. Ad esempio, sia Pordenone che Ancona (rispettivamente, +2.54 e +2.47) scontano la crisi legata alla produzione di elettrodomestici: Pordenone è in perdita su questo specifico comparto del 10.4%, mentre Ancona addirittura del 42%.

Taranto registra una variazione negativa del 43.4%, legata quasi esclusivamente ai problemi dell’ILVA: il valore esportato dell’acciaio, per quanto riguarda l’export, è passato da oltre 1.1 miliardi di euro del 2008 a poco più di 350 milioni nel 2018, con una perdita complessiva di quasi il 70%.