Agosto al ribasso: la calda estate delle valute emergenti

Debolezza economica interna, guerra commerciale e forza del dollaro alla base della debolezza delle valute degli emergenti.

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Nel focus valutario di qualche settimana fa ci siamo concentrati sulla dinamica di apprezzamento del dollaro, guidata dai rendimenti dei titoli di stato americani – relativamente elevati rispetto a quelli di altre valute forti – nonché dalla buona performance dell’economia USA.
Nell’analisi odierna ci focalizziamo sull’altra faccia della medaglia: la reazione delle valute emergenti, legate a doppio filo ai movimenti del dollaro e alle decisioni della Federal Reserve.
Il cambio delle valute dei paesi emergenti, infatti, non risulta soltanto penalizzato in termini puramente aritmetici a fronte di una maggiore forza del biglietto verde, ma rispecchia anche le difficoltà che un dollaro forte comporta, come il deflusso di capitali e l’incremento del costo dei prestiti contratti in valuta estera. A ciò si uniscono il continuo clima di incertezza relativo alla guerra commerciale, nonché fattori interni.

Andiamo quindi ad analizzare quali valute dei paesi emergenti hanno registrato il maggiore deprezzamento rispetto al dollaro nell’ultimo mese.

Valute paesi emergenti
Deprezzamento rispetto al dollaro (agosto 2019)

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.
grafico a barre deprezzamento valute emergenti rispetto al dollaro, agosto 2019

Sulla base dei dati contenuti nel tool tassi di cambio di ExportPlanning, notiamo come la valuta che ha subito il maggiore tracollo rispetto al dollaro sia il peso argentino, penalizzato dalla situazione politica ed economica interna. Il peso è crollato in seguito alla sconfitta del presidente in carica Macri alle elezioni primarie dell’11 agosto, a favore del peronista Alberto Fernández.

Si nota inoltre il caso del Brasile: il real ha perso più dell’8% del suo valore rispetto il dollaro dall’inizio di agosto, dopo una prima parte dell’estate all’insegna del rafforzamento.

tasso di cambio real brasiliano verso il dollaro

Il rischio che gli esperti attualmente vedono per la valuta brasiliana è quello di un ulteriore deprezzamento. Pesa sulla valuta la debolezza dell’economia interna: dati recentemente rilasciati dall’istituto centrale di statistica del paese indicano come la produzione industriale abbia registrato una contrazione a giugno (-0.6%), particolarmente forte nel settore dei beni di consumo. Al tempo stesso, però, la variazione del PIL nel II trimestre dell’anno è stata positiva (+0.4%), scampando al pericolo recessione.
Secondo gli analisti, la debolezza della valuta brasiliana risulta anche dagli shock esterni, quali le tensioni commerciali in atto e la crisi economica della vicina Argentina.

Nel corso di agosto ha ripreso inoltre a deprezzarsi la lira turca, sfiorando il -5% rispetto al dollaro, nonostante un recupero dal punto di vista del deficit delle partite correnti. La valuta potrebbe aver reagito negativamente a fronte di una mossa di politica monetaria fortemente espansiva da parte della banca centrale (riduzione dei livelli di riserve obbligatorie minime per alcune banche), che potrebbe mettere a rischio i progressi fatti per sanare il deficit delle partite correnti.
Gli ultimi dati della bilancia dei pagamenti rilasciati a giugno indicano inoltre come si sia verificata una riduzione degli investimenti diretti esteri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ed un deflusso di investimenti di portafoglio.

Guardiamo infine ad oriente: nell’ultimo mese la rupia indiana ha perso il 3.4% del suo valore rispetto al biglietto verde. Oltre alla forza del dollaro e alla guerra commerciale, la rupia accusa anche alcuni elementi di debolezza interna:

  • rallentamento dell’attività industriale (in particolare nei settori manifatturiero e minerario) e dei ritmi di crescita dell’economia, rivisti al ribasso nell’ultimo comitato di politica monetaria della Reserve Bank of India;
  • moderazione dell’inflazione, vista come un potenziale segnale di rallentamento della domanda;
  • deflusso di investimenti di portafoglio, a causa di un recente aumento della tassazione sui redditi degli investitori.